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“Basta chiamarli tagli… Il nome e la cosa."
Lettera aperta al ministro
Profumo
Signor ministro Profumo, anche lei? Anche il responsabile del
Ministero della Pubblica Istruzione Italiana si rifugia dietro
definizioni confuse ed esterofile?
Il pensiero va ai giochi di prestigio linguistici di chi in passato
ha voluto nascondere una condizione di lavoro (e di vita), non
proprio esaltante nella speranza (vana) di non fare cogliere quanto
era evidente per tutti. “Non più spazzini ma operatori
ecologici” (cioè quelli che quotidianamente hanno a che fare con
i nostri rifiuti); “non domestica, ma collaboratrice domestica”.
Potenza della lingua. E di quanti la usano in modo strumentale per
“spiegarti le tue idee senza fartele capire”.
Quindi, signor ministro, non tagli ma spending review? Che poi
spending review tradotto nella lingua italiana vorrebbe dire
“revisione della spesa”. Ma quando con la revisione della spesa
si mandano a casa, o si lasciano a casa perché non confermati od
immessi in organico, docenti e ricercatori fondamentali in settori
delicati quali l’istruzione e la ricerca, strategici anche perché
venga prodotta innovazione e sviluppo, esattamente quanto servirebbe
per fare ripartire il nostro Paese, allora vuol dire che qualcosa
non torna. Vuol dire che la politica (cioè le scelte) di quanti ci
amministrano (i politici ed i tecnici/politici), rispondono al solo
principio del fare cassa.
E, signor ministro, mi permetta una nota polemica. Come mai in
Italia, all’interno del ministero della pubblica istruzione
italiana (il minuscolo è voluto), anche lei rinuncia all’uso
della lingua italiana? Di cosa ha paura? Che noi tutti si capisca
che state dissanguando noi contribuenti facendo pagare l’IMU a
tutti tranne alle fondazioni bancarie e ad alcune imprese cattoliche
e sindacali, cioè proprio a quegli istituti che hanno dilapidato i
risparmi di noi contribuenti in operazioni dissennate?
O forse che la gente capisca che nella revisione della spesa
da voi ideata l’unica revisione attuata per davvero ha riguardato
l’impoverimento dei nostri miseri stipendi mentre è stato
lasciato sostanzialmente intatto quello di quanti guadagnavano (e
continuano a guadagnare) stipendi e prebende da favola che
dovrebbero essere motivo di vergogna quando si chiede a tutti noi di
fare sacrifici?
Lo dico in modo ancora più chiaro: perché gli istituti di ricerca
e la scuola pubblica statale vengono impoveriti e la scuola privata
no? Perché mia mamma con la pensione minima deve pagare l’IMU per
intero e le fondazioni bancarie ne sono esenti? Perché si
continuano ad affollare le aule scolastiche pretendendo risultati di
eccellenza, ed anzi si prevedono per le scuole valutazioni e
verifiche dettagliate sui risultati raggiunti, quando sono sotto gli
occhi di tutti le precarie condizioni di lavoro per quanti si
arrabatono per farla funzionare?
Signor ministro, temo non le farà piacere leggerlo ancora una
volta, ma non posso fare a meno di scriverlo; fino a quando non ci
sarà una vera revisione della spesa, fino a quando il carico dei
sacrifici non sarà per davvero distribuito innanzitutto sulle
spalle di chi ha le energie per sopportarlo, ed a dispetto della
revisione linguistica attraverso la quale vorrebbe nascondere la
realtà delle cose, per me e per tutti gli italiani che hanno occhi
per vedere ed orecchie per sentire la vostra spending review potrà
essere tradotta e declinata in italiano con un solo inequivocabile
vocabolo: tagli.
In attesa di un suo riscontro.
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