Grido di dolore

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Lettera aperta ai parlamentari del governo

 

Il grido di dolore dei nostri parlamentari per la riduzione dei loro stipendi prevista nel decreto “Salva Italia” dal Governo Monti.Onorevole, naturalmente non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma mi stupisce. Mi stupisco che quando si tratta di tartassare noi contribuenti ci siano parlamentari così solerti ed insensibili ai gridi di dolore di chi non ha le forze per arrivare oltre la terza o la seconda settimana del mese (parliamo di stipendi o salari, se così li si può chiamare, che spesso faticano a superare i mille euro mensili), ma che siano disperati verso gli attuali provvedimenti del Governo Monti che li riguarda perché in quel modo arriverebbero a percepire la misera cifra di quasi 6000 euro mensili. Mi stupisce la loro insensibilità quando un lavoratore precario minaccia od attua il suicidio per mancanza di risorse per mandare avanti con dignità la propria famiglia ma che, come l’onorevole Mussolini, in merito alla riconduzione dei vitalizi
parlamentari alle regole di tutti i lavoratori italiani affermano che tale provvedimento va considerato alla pari di un’istigazione al suicidio. Onorevole, mi rendo conto che la totale assenza di pudore impedisca a questi suoi colleghi quel moto istintivo delle persone per bene che vivono quotidianamente la realtà: la vergogna. Ed allora, se questo è il problema, se veramente non gli riesce di vergognarsi, lo farò io al posto loro. Mi vergogno: mi vergogno di avere parlamentari che si presentano come vittime quando attraverso la rivisitazione dei loro guadagni arriverebbero a percepire
sei volte tanto un lavoratore che prende uno stipendio medio; mi vergogno di essere rappresentato da chi, dopo cinque anni (GIA’ DOPO SOLI CINQUE ANNI) di legislatura, andrà a prendere di pensione il triplo, o forse il sestuplo, di un comune lavoratore che si sottopone, per 46 anni della propria vita, alla fatica quotidiana del lavoro, e fino a dodici volte di più di un pensionato al minimo tabellare; mi
vergogno della loro assenza di vergogna, perché vuol dire che continuano a vivere nel mondo delle favole. Mi vergogno, ma allo stesso tempo spero che i provvedimenti previsti sulle loro prebende da parte del governo Monti, anche grazie alla sua sensibilità, vadano in porto per potere finalmente dire loro: “Onorevoli, benvenuti nella realtà, onorate ora il vostro mandato di rappresentanti del popolo,
condividete la pena e la fatica quotidiana di noi italiani, che per mettere rimedio al disastro ed al dissesto dei conti dello Stato da voi prodotto, favorito o non ostacolato saremo tutti costretti a tirare la cinghia”. Ma alla fine della fiera, se fosse vero quanto ho letto sui giornali in merito alla disperazione per la riduzione dei loro stipendi, penso che per loro più che la vergogna sarebbe forse più giusto ripristinare l’antica usanza della gogna. Naturalmente spero nei prossimi giorni di averla al mio fianco per ostacolare con i fatti le rendite di posizione denunciate con questa lettera.

 

 


Gianni Dessanti Insegnante Firenze