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"Le faremo sapere"

La mobilità professionale degli insegnanti nella cosiddetta buona scuola.

Lettera aperta al ministro Giannini

 

Signora ministro Giannini,

tutto come previsto. La farsa è stata celebrata. Attraverso il Suo sottosegretario ha fatto finta di capire le ragioni di chi la scuola la vive quotidianamente, dichiarato di volere rivedere in modo apparentemente sensato un’idea che non potrebbe funzionare, fatto abbassare la guardia all’avversario, per poi colpirlo a tradimento nel momento di maggiore debolezza, mostrando al pubblico pagante la sua inefficacia. Il sospetto che si sia trattato di un incontro di boxe truccato anziché rispettoso dei giocatori si fa sempre più pressante. Perchè questo sembra sia capitato. Provo ad immaginare la scena: “tutti intorno ad un tavolo, il sottosegretario Faraone con il suo enturage, i rappresentanti dei lavoratori dall’altra. I convenevoli si sprecano. Si conviene che il sistema “non può essere trasformato in un farwest” (sono parole del sottosegretario Faraone), si concorda che si può favorire un incrocio tra domanda e offerta nel rispetto di tutti, perché ogni scuola è diversa da quella vicina, e nell’alveo dell’autonomia è giusto che la singola istituzione scolastica comunichi al proprio esterno il proprio profilo perché esista reciproca soddisfazione tra i nuovi  insegnanti ed il progetto pedagogico/didattico che la caratterizza. Ma tutto nel rispetto di regole che evitino di piegarle in modo discrezionale a danno di qualcuno. Viene ventilata la possibilità di predisporre criteri uguali per tutte le scuole d’italia, si conviene che quei criteri determineranno, attraverso il sistema “Istanze on line” del Ministero, graduatorie non eludibili da parte di nessuno. Infine i partecipanti comunicano che il preaccordo è stato raggiunto. A quel punto qualche dirigente scolastico leva il proprio grido di dolore per lesa maestà.” Agli incontri successivi, in rapida successione, i tecnici del Suo ministero: 1) hanno stravolto le regole concordate in via preliminare;  2) costretto i sindacati ad abbandonare la trattativa; 3) costruito un sistema di mobilità professionale che accontentasse i dirigenti che si erano lamentati per come si stava svolgendo la contrattazione sulla mobilità. Voglio dirlo senza equivoci: dispiace che quei dirigenti non abbiano colto che attraverso quell’accordo non veniva lesa la maestà di nessuno ma, al contrario, si cercava di predisporre procedure che avrebbero garantito non solo noi insegnanti, ma gli stessi dirigenti. Naturalmente la propaganda, quella del Suo dicastero, subito dopo l’emanazione dei criteri di scelta, è partita immediatamente: “finalmente il dirigente sarà libero di scegliere gli insegnanti migliori per la propria scuola”. Tuttavia questa libertà di azione ho la convinzione fondata che per i dirigenti si trasformerà in boccone avvelenato privo di benefici, salvo il fatto di aumentare senza contropartita i loro carichi di lavoro. Su questo aspetto, nei mesi passati, in tanti abbiamo provato a metterla in guardia. Personalmente sull’argomento, a suo tempo, in una lettera aperta rivolta alle senatrici ed ai senatori impegnati nell’approvazione di quella che sarebbe diventata la legge 107, ho scritto  la seguente riflessione:

  […] “Una scuola con un dirigente libero dai vincoli burocratici è più autonoma ed efficace – bisogna intendersi sul significato di autonoma ed efficace, perché mi chiedo: è più libero un dirigente che debba destreggiarsi nei tribunali tra istanze avviate da insegnanti non chiamati dagli albi che si sentono danneggiati da scelte reputate discrezionali, oppure un altro che nel rispetto delle funzioni specifiche lavora in sintonia con i docenti arrivati nella propria scuola attraverso meccanismi disciplinati da punteggi e regole certe? E' più autonomo un dirigente protetto nella propria azione dai vincoli della legge, e che utilizza tutte le proprie energie per fare funzionare al meglio la scuola che gli è affidata, oppure un altro che in virtù di una presunta libertà deve difendersi, nella scelta degli insegnanti dagli albi, dalle pressioni che potrebbero mettere a repentaglio la propria sicurezza, anche personale, da parte della criminalità organizzata?” [...]

  E’ sempre spiacevole ritornare sui problemi affrontati, ma il “non accordo” con i sindacati del comparto scuola se possibile (ed era difficile accadesse), ha reso ancora più pasticciata, onerosa e pericolosa la parte della legge sulla mobilità professionale di noi insegnanti. Pasticciata la parte relativa ai criteri, perché nel lungo bizzarro elenco “non esaustivo”, come viene affermato nelle faq del ministero, i dirigenti potranno derogare producendone altri a loro volta, e senza nessun obbligo di seguire i vincoli di “ingombranti graduatorie” ; dispendiosa per quanti vorranno “vincere” al concorso sulla mobilità, perché dovranno comprare attestazioni di corsi e corsettini, non necessariamente riferibili al lavoro concretamente svolto, per “arricchire il proprio curriculum”, con buona pace della professionalità vera, maturata sul campo nel lungo e faticoso lavoro quotidiano all’interno della sede naturale: la classe;  pericolosa per i dirigenti impegnati nella scelta degli insegnanti per i motivi indicati nella parte della lettera riportata, relativa ai potenziali contenziosi davanti al giudice del lavoro e delle possibili pressioni da parte della criminalità organizzata.

Vado a concludere: ho iniziato questa lettera facendo una similitudine tra la trattativa avviata dal Suo dicastero con i sindacati ed un incontro di boxe truccato. E’ possibile che il raffronto non sia piaciuto. E’ anche probabile che al suo interno esista qualche forzatura. Eppure rileggendo la cronaca degli incontri questo sembra accaduto. I sindacati confederali, quasi tutti, sono venuti al Suo tavolo con la massima disponibilità per costruire uno strumento che salvaguardasse tutti. Lo hanno fatto anche a dispetto di  voci critiche dei loro associati. Personalmente, al di là dell’assenza di risultati, credo lo abbiano fatto in buona fede. Perchè le parole del sottosegretario Faraone, “va evitato il far west dei criteri”, lasciavano ben sperare. Poi però qualcosa è cambiato, improvvisamente le migliori intenzioni sono state accantonate proprio per favorire quel far west senza regole che si voleva evitare. Per cui a questo punto poco interessa, a noi insegnanti, se l’incontro di boxe sia stato o meno truccato; poco importa, anche a tanti Dirigenti scolastici (sembrano aumentare di giorno in giorno) se le intenzioni delle Sue scelte erano buone. Perchè delle buone intenzioni, come si suol dire, sono lastricate le strade dell’inferno. Mentre quanto importa a noi operatori della scuola, dirigenti ed insegnanti, che quotidianamente ci misureremo con i Suoi provvedimenti legislativi, saranno le conseguenze concrete delle Sue scelte: un inferno in terra, rappresentato con chiarezza da una frase simbolo, incubo di quanti nella loro vita hanno avuto la disgrazia di subire scelte discrezionali e senza regole: “Le faremo sapere!”. E’ per questi motivi, signora Ministro, che il dato certo per noi insegnanti al momento è uno solo: la partita non è affatto conclusa, la nostra protesta continua. Siamo sicuri che le forze politiche che rappresentano il governo abbiano toccato con mano, nelle ultime elezioni amministrative, il significato di queste parole. Siamo anche convinti che il persistere sui cambiamenti irresponsabili che sta confermando nella scuola sarà per loro, nei futuri appuntamenti, elettorali e referendari,  motivo di ulteriori e più cocenti delusioni.

Come mia abitudine, nel rispetto dell’intelligenza dell’interlocutore, confido coglierà, anche se non condividerà, i motivi della mia missiva.

Gianni Dessanti

Insegnante